Le patatine fritte sono una leccornia alla quale è difficile rinunciare. Passi per quelle nel sacchetto, ma come si fa a fare a meno di quelle calde e fumanti che fanno compagnia agli invitanti Street Food Gourmet?
Tra un titolo e l’altro, tra un blog e l’altro è nata ben più di qualche ansia: se non è noto l’olio in cui sono state fritte, la quantità, il punto di fumo e la temperatura alla quale è stato portato il rischio potrebbe superare di gran lunga il beneficio del palato.
L’acroleina è una molecola tossica irritante per gli occhi la pelle e le vie respiratorie. Il nostro corpo la assorbe respirando fumi e mangiando fritti cotti male, e ne può tollerare secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale di Sanità al massimo 7,5 microgrammi al giorno per kg di peso corporeo. Per fortuna nella maggior parte degli alimenti e anche nelle patatine fritte la concentrazione di acroleina è limitata a pochi microgrammi per kg di alimento.
Meno importante è la questione dei presunti chili di troppo indotti dal fritto. Si frigge in olio caldo ad una temperatura compresa tra i 160°C e i 180°C. In queste condizioni sull’alimento si forma subito una crosta piuttosto sottile e resistente che rende il prodotto finale croccante gradevole, ma soprattutto impermeabile all’olio. Un buon fritto contiene solo un 10%-30% di grassi in più rispetto alla alimento di partenza.
Asciugare bene le patate prima di friggerle favorisce la formazione rapida della crosticina. Al contrario l’acqua in eccesso potrebbe causare l’abbassamento della temperatura dell’olio e contrastare la formazione della crosta impermeabile oltre a favorire l’idrolisi dei trigliceridi e la conseguente formazione di acroleina.
C’è una dose tollerabile per questa molecola? Non proprio, come non esiste in generale per le sostanze genotossiche e cancerogene. L’EFSA ha stabilito un limite inferiore quotidiano a cui attenersi e lo scorso 11 aprile è entrato in vigore il nuovo regolamento UE 2017/ 2158 sulle misure di attenuazione e i livelli di acrilammide negli alimenti per garantirne la sicurezza. Nell’elenco sono ovviamente presenti le patatine fritte ma anche tanti altri prodotti a base di patate, comprese quelle al forno.
Bibliografia e sitografia
– Gomes, R, Meek, M. E, World Health Organization & International Programme on Chemical Safety. (2002). Acrolein. Geneva : World Health Organization. http://www.who.int/iris/handle/10665/42490 (consulato il 12.10.2018) – Circ. MINISAN 11.1.91 n. 1. Oli e grassi impiegati per friggere alimenti
– Fried potato consumption is associated with elevated mortality: an 8-y longitudinal cohort study. Veronese N et al. Am J Clin Nutr. 2017; 106: 162-167 doi: 10.3945/ajcn.117.154872
– Scientific Opinion on acrylamide in food. EFSA Journal 2015
– Miraggi alimentari 99 idee sbagliate su cosa e come mangiamo. Marcello Ticca 2018 Editori Laterza
– REGOLAMENTO (UE) 2017/2158 DELLA COMMISSIONE del 20 novembre 2017 che istituisce misure di attenuazione e livelli di riferimento per la riduzione della presenza di acrilammide negli alimenti. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 21.11.2017
Tra un titolo e l’altro, tra un blog e l’altro è nata ben più di qualche ansia: se non è noto l’olio in cui sono state fritte, la quantità, il punto di fumo e la temperatura alla quale è stato portato il rischio potrebbe superare di gran lunga il beneficio del palato.
Olio, punto di fumo e dintorni
Per friggere bene è necessario seguire alcune norme di buona preparazione e tenere l’olio al di sotto di quello che si chiama “punto di fumo”, cioè la temperatura in cui un grasso riscaldato comincia a fumare proprio come farebbe una candela o una sigaretta. Al raggiungimento del punto incriminato i trigliceridi si decompongono in glicerolo e acidi grassi che a loro volta si degradano in acroleina e perossidi rispettivamente.L’acroleina è una molecola tossica irritante per gli occhi la pelle e le vie respiratorie. Il nostro corpo la assorbe respirando fumi e mangiando fritti cotti male, e ne può tollerare secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale di Sanità al massimo 7,5 microgrammi al giorno per kg di peso corporeo. Per fortuna nella maggior parte degli alimenti e anche nelle patatine fritte la concentrazione di acroleina è limitata a pochi microgrammi per kg di alimento.
Norme di buona preparazione e limiti
La patate fritte, se preparate seguendo le norme redatte dal nostro Ministero della Salute ancora nel 1991, sono un peccato di gola a cui cedere con un certo autocontrollo. Chi le mangia più volte alla settimana ha un rischio quasi doppio di eventi avversi anche molto gravi. Servono di certo ulteriori studi per capire se questo risultato sia dovuto all’assunzione frequente, con il fritto, di sostanze nocive come acidi grassi trans, lipidi ossidati, acroleina, acrilammide, furano e glicinammide o a un complesso di abitudini alimentari insalubri.Meno importante è la questione dei presunti chili di troppo indotti dal fritto. Si frigge in olio caldo ad una temperatura compresa tra i 160°C e i 180°C. In queste condizioni sull’alimento si forma subito una crosta piuttosto sottile e resistente che rende il prodotto finale croccante gradevole, ma soprattutto impermeabile all’olio. Un buon fritto contiene solo un 10%-30% di grassi in più rispetto alla alimento di partenza.
Asciugare bene le patate prima di friggerle favorisce la formazione rapida della crosticina. Al contrario l’acqua in eccesso potrebbe causare l’abbassamento della temperatura dell’olio e contrastare la formazione della crosta impermeabile oltre a favorire l’idrolisi dei trigliceridi e la conseguente formazione di acroleina.
Tutto qui sul fritto?
No, per concludere serve ricordare anche la questione dell’acrilammide: qualche tempo fa si era guadagnata il favore delle cronache per poi sparire. Frittelle, patatine e fritti misti sono tra i primi alimenti elencati come fonte di questa sostanza genotossica e cancerogena che si forma a partire da zuccheri e aminoacidi in cottura. La responsabile è la reazione di Maillard la stessa che dobbiamo ringraziare per la doratura del cibo, la crosticina croccante impermeabile e che avviene anche quando le patate le metto in forno!Al forno
Eh sì, anche le patate ben arrostite al forno sono una fonte di acrilammide, che infatti si forma quando la cottura avviene a temperature superiori ai 120°C, proprio quello che accade alle patate arrosto. Se poi si lascia formare la gustosa crosticina nera le patate arrivano a contenere anche 2000-10000 microgrammi/kg di acrilammide.C’è una dose tollerabile per questa molecola? Non proprio, come non esiste in generale per le sostanze genotossiche e cancerogene. L’EFSA ha stabilito un limite inferiore quotidiano a cui attenersi e lo scorso 11 aprile è entrato in vigore il nuovo regolamento UE 2017/ 2158 sulle misure di attenuazione e i livelli di acrilammide negli alimenti per garantirne la sicurezza. Nell’elenco sono ovviamente presenti le patatine fritte ma anche tanti altri prodotti a base di patate, comprese quelle al forno.
Conclusione
“Est modus in rebus” la nota sentenza di Orazio che richiama alla saggia moderazione dei toni e al senso della misura. Ecco la conclusione giusta: sì alle patate fritte e pure a quelle al forno, senza eccessi e con la consapevolezza delle buone regole di cottura.Bibliografia e sitografia
– Gomes, R, Meek, M. E, World Health Organization & International Programme on Chemical Safety. (2002). Acrolein. Geneva : World Health Organization. http://www.who.int/iris/handle/10665/42490 (consulato il 12.10.2018) – Circ. MINISAN 11.1.91 n. 1. Oli e grassi impiegati per friggere alimenti
– Fried potato consumption is associated with elevated mortality: an 8-y longitudinal cohort study. Veronese N et al. Am J Clin Nutr. 2017; 106: 162-167 doi: 10.3945/ajcn.117.154872
– Scientific Opinion on acrylamide in food. EFSA Journal 2015
– Miraggi alimentari 99 idee sbagliate su cosa e come mangiamo. Marcello Ticca 2018 Editori Laterza
– REGOLAMENTO (UE) 2017/2158 DELLA COMMISSIONE del 20 novembre 2017 che istituisce misure di attenuazione e livelli di riferimento per la riduzione della presenza di acrilammide negli alimenti. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 21.11.2017